Una cena tra amiche

tutto dipende da che punto guardi il tavolo!

by Maria Mantova
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Lunedì 20 novembre, arriva un messaggio whatsapp da un’amica e splendida donna “Ciao Mari bella, come stai? La mia amica Sara, propone di andare a cena al nuovo ristorante di sushi che hanno aperto da poco, giovedì o venerdì sera. Riproponiamo la stessa formazione del mio compleanno? Che dici? Baci 😘”

E che dico? Incomincio a parlare con il criceto che gira nella mia testa. Ci penso un po’.

Venerdì, si, potrebbe andar bene.

Giovedì è infrasettimanale, poi si fa tardi, c’è il lavoro il giorno dopo  e di mattina presto ho anche la piscina.

Sicuramente salta e il senso di colpa insieme alla bilancia e al criceto che corre sulla ruota nel mio cervello, già si fanno sentire, urlano.

Al diavolo tutto.

Dico si.

Seguono alcuni messaggi per capire quale giorno sia il migliore perchè possiamo esserci tutte e cinque.

E’ deciso, giovedì. Criceto, lavoro, piscina, bilancia, tutti zitti e muti, non voglio sentire volare una mosca.

Dove si va?

E’ da questo momento in poi che una cena tra amiche può essere letta da più punti di vista.

Dal tavolo, comodamente sedute e dalla sala, da chi sta non comodamente in piedi a fare avanti e indietro.

Inizia la ricerca del posto dove andare. Di nomi ne facciamo diversi.

Un posto è un po’ lontano, il tempo è incerto, ci andremo un’altra volta.

Un altro forse rischia di essere vuoto, lavora più nel fine settimana, e non ci va di stare lì solo noi.

Un altro ancora non ci convince perchè è sempre così complicato trovare parcheggio, stasera non abbiamo voglia di fare la circumnavigazione infinita intorno alla piazza!

Queste sono spesso le riflessioni che si fanno prima di fare la famosa telefonata per prenotare e che i ristoratori ben conoscono.

Silenzio in chat per un po’. Facciamo così a chi viene in mente un altro posto lo dica e poi vediamo.

C’è un ristorante che volevo provare ma dove, per un motivo o per un altro, non sono mai riuscita ad anadre.

Dai, la butto lì, “ragazze, andiamo da Petit?”. Un si unanime mi commuove, si va.  Appuntamento ore 20:30 direttamente lì.

Le mie amiche sono sempre puntuali, io un po’ meno.  Arrivo trafelata, agitata, fortunatamente ho trovato subito parcheggio guadagnando tempo. Non c’è nessuna ancora.

Maria 1 amiche puntuali 0 (in realtà erano a fare l’aperitivo, me lo avevano anche detto ed mi avevano invitato a raggiungerle, ma lo avevo dimenticato).

Fuori c’è Luca, uomo di sala  e proprietario insieme a Manuela, sua moglie, donna di cucina. Vede che sbircio dentro, mi guarda mi saluta e mi chiede “Simonetta?” intendendo il nome usato per la prenotazione  o forse penserà che sia io Simonetta . “Si. Io sono Maria, il tavolo era a nome Simonetta”.

“Non sono ancora arrivate” dice lui, mi invita gentilmente ad accomodarmi, ma io che ho ricordato che le altre erano a pochi metri a prendere un aperitivo  rispondo “no no, grazie, le raggiungo sono qua vicino, vado a chiamarle così entriamo e ci sediamo” quasi scusandomi.

Lui molto gentilmente mi invita a stare tranquilla “non c’è fretta” dice “noi siamo qua”.

Dopo poco arriviamo tutte e cinque, super sorridenti, ci voleva questa cena, e davvero ben predisposte.

Ci accoglie Luca, ci fa entrare e ci porta al nostro tavolo.  E’ la mia prima volta qui, e quello è proprio il tavolo che avrei scelto io se avessi potuto farlo.

Un posticino tranquillo tutto per noi, appartato e al tempo stesso in primo piano. Vicino al bancone ed alla vetrata che da su una gradevole stradina interna. Sedute su sedie tipo sgabello (comode fortunatamente).

Insomma Petit guadagna il primo punto.

E’ il momento dell’ordinazione. Arriva Luca con il menù. Ben fatto, direi.

Non mille pagine, né mille piatti.  Se non ricordo male quattro scelte per portata, nessuna necessità di interrogazione per capire cosa mangeremo, anche se poi qualche domandina esce sempre, soprattutto dalla mia bocca,  ma ci sta.

Ordiniamo, con curiosità e aspettative. Luca ascolta con attenzione e prende nota. Particolare attenzione a Sara che è un po’ indecisa. Lui capisce subito cosa c’è dietro quella titubanza e propone qualcosa che sul menù non c’è.

Passiamo al vino.

Bianco, rosso, bollicine? Vada per il bianco.

Luca ci fa qualche domanda e poi ci consiglia un Pinot Grigio, che ci vede tutte d’accordo.  In realtà, Sara preferiva un Franciacorta.

Piccola postilla, ci ha detto il prezzo senza che noi lo chiedessimo, cosa che ho gradito visto che non ci ha consegnato una carta dei vini, le bottiglie sono esposte.

Tornando a Sara, per lei un calice di bollicine per iniziare. Poi finito il vino (nel giro di poco) prendiamo una bottiglia di Franciacorta per tutte.

Non sto qui a raccontarvi di cosa abbiamo parlato. Tanta roba.

Abbiamo riso, scherzato, affrontato discorsi profondi ed altri più frivoli.

Ci siamo prese in giro e ci siamo anche fatte un po’ di sani e meritati complimenti, perchè siamo belle, simpatiche, intelligenti, socievoli, e tanto altro ancora.

La serata trascorre piacevolmente e, purtroppo, anche velocemente.

La piacevolezza, in questo caso e come dovrebbe accadere sempre, è dovuta anche al posto dove siamo ed ai professionist* che ci accolgono sia in sala che in cucina.

Il cibo, opera di Manuela e della sua brigata, che è spesso soggettivo (nessuna di noi è una critica gastronomica), è stato gradevole ed apprezzato.

Lo stesso vale per l’accoglienza in sala.

Un ristorante è 50% cucina e 50% sala. Una squadra che viaggia insieme per il piacere del cliente.

E così è stato. Ma voglio soffermarmi un po’ sulla sala e su Luca.

L’esperienza in un ristorante (di qualsiasi genere e “livello”) o di una pizzeria, inizia già dalla telefonata con cui si prenota il tavolo.

E così è stato anche per questa serata.

Simonetta ci ha detto che la prenotazione al telefono è stata un po’ una chiacchierata in cui ha spiegato che sarebbe stata una tavolata di cinque amiche.

Luca deve aver ascoltato molto attentamente, deve aver colto la voglia di Simonetta (e tramite lei di tutte noi) di fare finalmente questa cena, che aleggiava da un po’ nell’aria.

Ha capito che avevamo bisogno di un tavolo e un angolo tutto per noi e così ha fatto.

E’ stato presente, attento, ma mai invadente o fuori luogo. Ha saputo capire se e quanto poter sostare un po’ di più a chiacchierare con noi.

Ha capito le nostre esigenze, ha saputo comunicarle alla cucina ed insieme la squadra ha portato il punto a casa, anzi più di uno.

Noi faremo altre cene sperando di rivivere la stessa atmosfera, da Petit come altrove.

Ed il criceto e la bilancia muti! E la piscina, salta!

https://www.instagram.com/petit_vini_cucina

https://www.facebook.com/p/PETIT-100076260560456/

 

 

 

 

 

 

 

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